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Il Golden Power, lo strumento che consente al Governo Italiano di intervenire in operazioni economiche strategiche per la sicurezza nazionale, colpisce anche il mercato del credito.
È come se lo Stato si sentisse in dovere di intervenire quando una banca o un’altra impresa, con rapporti rilevanti o fondamentali con l’economia reale, sta per concludere un’operazione importante. Nel caso specifico, il Governo voleva sfruttare il Golden Power per arginare una mossa strategica di UniCredit. Parliamo di un gruppo bancario internazionale con base in Italia con un fatturato da più di 24 miliardi di euro.
Cos’è successo? Nel novembre 2024, la UniCredit aveva lanciato un’OPS, ovvero un’offerta pubblica di scambio, per acquisire Banco BPM. Un’operazione colossale, in grado di ridisegnare l’intera mappa del mercato del credito italiano. Ecco perché il Governo Meloni, paventando ripercussioni sulla stabilità finanziaria del sistema, ha attivato il Golden Power con un decreto del 18 aprile 2025.
Lo strumento, formalmente valido proprio per intervenire sulle azioni di quelle imprese vitali per il sistema-Paese, si è però scontrato con la tutela del diritto all’autonomia delle banche. Nel concreto, con il Golden Power, lo Stato può imporre condizioni, bloccare acquisizioni o modificarne i termini di accordi, cessioni e acquisti. Ma non può soffocare la libertà industriale o strategica di un’azienda.
Il 12 luglio 2025, il TAR del Lazio ha infatti accolto parzialmente il ricorso di UniCredit, giudicando illegittime alcune delle condizioni imposte dal Governo. Nella fattispecie, il TAR ha bocciato l’obbligo imposto dallo Stato di mantenere per cinque anni un certo rapporto tra impieghi e depositi. Ha poi anche annullato il vincolo sul portafoglio di project finance.
Il successo di UniCredit è parziale, perché il TAR ha confermato l’obbligo, imposto dal Gorden Power, di uscita dalla Russia entro nove mesi. E anche il mantenimento degli investimenti italiani da parte di Anima SGR. Sul primo punto, il TAR ha quindi confermato la legittimità della prescrizione, ritenendola coerente con gli obiettivi di sicurezza nazionale. UniCredit ha però precisato che l’obbligo non include i pagamenti, per evitare danni alle imprese italiane ancora attive in Russia. E c’è da aggiungere che la BCE aveva già chiesto a UniCredit di ridurre l’esposizione russa.
Effettivamente, le attività bancarie in Russia possono esporre l’intero sistema finanziario italiano a rischi geopolitici e rovinare la reputazione del mercato creditizio nazionale. Poi c’è la questione relativa ad Anima Holding. Banco BPM aveva di recente acquisito Anima Holding, una società leader nel risparmio gestito. Per questo, il Governo Meloni ha imposto che Anima mantenga il peso attuale degli investimenti in titoli italiani, in particolare debito pubblico nazionale. Il TAR ha confermato questa clausola, ritenendola una misura di tutela per la stabilità del mercato finanziario italiano.
UniCredit ha tuttavia ottenuto una parziale modifica. Non si tratterà di un obbligo rigido, ma di una indicazione programmatica, da rispettare nel quadro dei doveri fiduciari verso i clienti. E qui nasce il problema, dato che Anima gestisce miliardi di euro di risparmi privati. Il pericolo, non così remoto, è che questi fondi possano essere spostati all’estero. Un’eventualità inguaierebbe l’Italia facendo esplodere il debito pubblico italiano.
Questa storia riguarda non solo l’alta finanza e i banchieri ma anche chiunque abbia un conto corrente o un mutuo. Ogni volta che una banca viene acquisita e cambia strategia, può verosimilmente modificare le condizioni con cui concede soldi ai richiedenti. Possono cambiare i tassi dei mutui e dei prezzi. Possono aumentare i costi dei servizi ai correntisti.
C’è anche un grosso problema legato alla concorrenza. Quando scompare una banca indipendente, i consumatori perdono una scelta, quindi una possibilità di poter trovare proposte più interessanti. Eppure, la maggior parte dei consumatori non sa nulla di ciò che sta accadendo. Non sa in che modo e perché lo Stato ha cercato di proteggere l’interesse collettivo e perché ha fallito. E non sa neanche perché le banche hanno ragione a difendere la loro autonomia.
Esperto di economia e finanza con una competenza consolidata nella redazione di articoli su temi economici, fiscali e finanziari.
Collabora regolarmente con testate online autorevoli come BlitzQuotidiano.it e Lamiapartitaiva.it, offrendo ai lettori approfondimenti chiari e dettagliati su argomenti complessi quali prestiti, gestione del denaro, normative fiscali e strategie per l’ottimizzazione delle risorse economiche.
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